domenica 1 maggio 2011

Libia e Cina: simboli di un occidente ipocrita

Da mesi assistiamo ad una nuova “guerra per la pace” in cui l’occidente impone la democrazia in Libia. Una guerra in cui dei caccia attaccano l’esercito del Rais con bombe intelligenti, che per errore colpiscono dei civili. I mass-media, in questa “pacifica invasione” si fanno difensori di una minoranza che pretende di imporre democraticamente la propria volontà sulla gran parte dei libici legati al regime. E mentre molti stati dell’Unione Europea e gli U.S.A. mettono a disposizione i propri eserciti, altri prendono le distanze, chiedendo che si termini questa strage di civili. Gran parte degli italiani, ha rivisto in quei combattenti i “padri” della nostra “Italia democratica”.

Nuovi partigiani che combattono contro un dittatore che rese la Libia, un Paese composto da tribù prive di alcun legame, un vero stato unitario, pur avendo dovuto utilizzare la violenza. Dei partigiani che, come in Italia, necessitano dell’intervento di Paesi impegnati a portare la libertà per il mondo. Quando poi, veniamo a sapere che nell’O.N.U. paesi come la Cina abbiano il diritto di veto, siamo tenuti a farci un esame di coscienza perché non è ammissibile muovere guerra ad un paese, “vittima” un regime totalitario, ed al contempo ammettere al tavolo dei potenti una tra le peggiori dittature; un’ ipocrisia che, da sempre, ha caratterizzato la morale occidentale.

Se si pretende di combattere Gheddafi, diciassettesimo nella classifica mondiale dei sessantuno peggiori dittatori al mondo, non si può soprassedere alla presenza di uno di questi nella cabina di regia. La Cina, infatti, detiene il settantadue percento delle esecuzioni capitali al mondo, le quali, spesso, vengono eseguite su pullman con un colpo di pistola alla tempia. Il regime cinese si è macchiato, nel corso di questi anni, di migliaia di omicidi. I Laogai, campi di concentramento per oppositori politici, distruggono i prigionieri con la fame e la sete, privandoli di qualunque dignità. In questi campi, il regime punisce tutti coloro che si sono opposti alle autorità; ma tutto questo non sembra importare a quell’O.N.U. che dovrebbe tutelare i diritti dell’uomo.

La Cina garantisce alle super potenze mondiali libero commercio con le sue industrie, offrendo alle multinazionali ogni forma di incentivo, eliminando qualunque garanzia per il lavoratore. Potrebbe essere stupefacente quanto ci sia di comune tra il sistema capitalistico, made in U.S.A., e quello comunista cinese, che si propone di porre il lavoratore al centro dell’intero sistema. In questo Paese, dobbiamo comprendere, che l’ideale comunista è stato messo in atto, in quanto, il lavoratore è sì al centro dell’intera realtà sociale, pur avendo l’unico fine di arricchire la classe governante che li priva di ogni ricchezza e della loro libertà. Quella libertà che alcuni studenti, ventidue anni fa, tentarono di reclamare in piazza Tienanmen.

Degli studenti costretti a vedere le proprie richieste essere travolte da carri armati, incaricati dal governo di ristabilire la normale quotidianità, che non prevedeva alcun cinese a protestare contro il regime. Le ragioni per cui l’intero occidente dovrebbe prendere le distanze dalla Cina, combattendone la spaventosa influenza in campo mondiale, sono innumerevoli e vanno dall’assoluta povertà in cui versa la gran parte della popolazione, alla totale repressione delle libertà individuali. Tutto questo, dovrebbe insegnarci a comprendere che i mezzi di informazione valutano buono e giusto ciò che in realtà non lo è, ricordando che in ogni dichiarazione di questo o quel Paese democratico, nulla può essere dettato dalla sola esigenza di una nuova solidarietà, la quale solo eccezionalmente, affiora dal profondo di una società educata alla ricerca del profitto individuale. I valori di un tempo subiscono la logica di ogni moda, che impone un costante cancellare ciò che è passato per un futuro, troppo spesso corrotto, sporco del sangue di uomini liberi.


Marco Rhao
Lotta Studentesca Lecce